- Odio il modo in cui questo pollo mi si presenta avvolto nella plastica, privo di testa e di zampe; collo, cuore, fegato e visceri infilati nella cavità ripulita.
- Non c'è da stupirsi se la gente si sente a pezzi.
Quando andiamo a fare la spesa, è bello trovarsi di fronte ad animali ancora interi. Nelle culture in cui il contatto personale è considerato importante e il legame con la terra rappresenta ancora un modello di vita, è normale che la gente abbia un rapporto più completo con il cibo di cui si nutre. Costoro acquistano o allevano direttamente il bestiame, coltivano, raccolgono, preparano e puliscono gli alimenti: solo alla fine di questo processo mangiano, e con estrema gratitudine. Essi non hanno un atteggiamento sentimentale verso il cibo – senso pratico significa comprendere che per sopravvivere bisogna uccidere – ma ringraziano tutto ciò che è morto per sostenerli. Al giorno d'oggi, il nostro rapporto con il cibo è alquanto lacunoso: non conosciamo i luoghi da cui gli alimenti provengono, consumiamo vegetali fuori stagione, compriamo cibi pronti confezionati da ignoti. Conoscere ciò che mangiamo, sapere qual'è la sua provenienza e preparare i cibi con le nostre mani significa appropriarci di un grande potere. Qualunque alimento, sia vegetale che animale, muore per noi. Il minimo che possiamo fare è sfruttarlo al meglio e portargli rispetto. Purtroppo oggi è normale sentirsi isolati. Ci lamentiamo per la mancanza di amici e di esperienze più genuine, e abbiamo la sensazione di non conoscerci davvero. Se già il cibo che mangiamo e il modo in cui lo consumiamo mancano di integrità, come possiamo rendere completo il resto della vita?
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